venerdì 7 ottobre 2011

La minimum tax - Gli strumenti di lotta all’evasione utilizzati in Italia (1)

La minimum tax fu introdotta nel 1992 dal Governo Amato. Tale normativa introduceva un principio abbastanza semplice, e largamente condivisibile: un soggetto che decida di intraprendere un’attività lavorativa autonoma (imprenditore o libero professionista) si assumerà il relativo rischio che questa attività possa fallire se e solo se il reddito prodotto non sarà inferiore a quello che avrebbe potuto ottenere lavorando come dipendente nello stesso settore.

In altri termini, se un gioielliere che lavora come dipendente ha un reddito medio di 30 mila euro l’anno, l’imprenditore che svolge autonomamente l’attività di gioielliere non può avere un reddito inferiore a questa cifra.

Nel caso in cui il lavoratore autonomo avesse dichiarato un importo inferiore al livello minimo la legge prevedeva poi un sistema molto efficace di intervento che costituiva un ottimo deterrente. Infatti, l’amministrazione fiscale aveva il potere di aprire immediatamente una cartella esattoriale pari alla differenza tra il reddito minimo e quello dichiarato, maggiorata delle sanzioni amministrative e degli interessi.
Il contribuente sanzionato poteva comunque dimostrare che il suo reddito era stato effettivamente inferiore, su di lui però verteva l’onere della prova.

Inoltre, la legge stessa prevedeva la possibilità di richiedere l’esonero dalla minimum tax in casistiche determinate (per maggiori dettagli clicca qui).

Questa normativa è stata probabilmente una delle più efficaci per il contrasto dell’evasione tra tutte quelle emanate in Italia negli ultimi 30 anni, tesi sostenuta anche da Alessandro Santoro nel suo libro. Il gettito ottenuto fu infatti anche superiore a quello atteso. Da un'indagine a campione sui modelli 740 che riguardò 124 mila lavoratori autonomi risultò che solo 6 mila (5%) avevano dichiarato un reddito inferiore a quello minimo, 37 mila (30%) si era adeguata al reddito minimo e 81 mila (65%) aveva dichiarato più della soglia minima. Rispetto all’anno precedente risultò che chi si era adeguato alla soglia minima aveva dichiarato in media 10 milioni di lire (circa 5 mila euro) in più dell’anno precedente.

Sarà proprio per la sua efficacia che il popolo dei lavoratori autonomi scese in piazza numeroso nel 1993 – anno tra l’altro in cui l’Italia era in recessione economica – per protestare contro la minimum tax.
Nel 1994 poi Berlusconi vinse le sue prime elezioni, promettendo tra l’altro il taglio delle tasse, e una delle prime iniziative che prese nel breve periodo di governo fu proprio l’abolizione della minimum tax (va detto, comunque, che anche una parte dello schieramento di centro-sinistra si rivelò recalcitrante verso questa legge).

Perché, allora, non rimettere nell’agenda politica anche la possibilità di reintrodurre una minimum tax, che tra l’altro esiste anche negli Usa (alternative minimum tax)?

una delle immagine del corteo di protesta del 1993 tratta da www.unita.it

3 commenti:

  1. E' stata una boiata pazzesca. Ho aperto a metà del 1989 un negozio di ottico in regime di contabilità ordinaria. La minimun tax mi ha segato le gambe in quanto non ho potuto fare gli investimenti programmati e crescere finanziariamente e pagare più tasse. Ci sono attività che per decollare hanno bisogno di tempo, per conquistare la fiducia dei consumatori molte attività hanno tempi diversi che la legge non prevedeva. La funzionaria alla quale mi sono rivolto mi ha detto che quella era la legge e pertanto bisognava adeguarsi. Mi veniva attribuito un reddito pari all'ottanta per cento dei ricavi. Non potendo aderire alla legge ho avuto pertanto un accertamento fiscale che alla fine era un attestato di bravura contabile. Accertamento, un anno e mezzo, costoso e inutile visto che ero aperto da pochissimo tempo. Bisogna controllare le utenze!! Persone che fanno dichiarazioni ridicole hanno bollette e consumi che superano i redditi dichiarati, e non da uno o due anni ma da sempre, eppure hanno tenore di vita molto superiore al dichiarato. Studi professionali "poveri" con bollette telefoniche ed elettriche folli ( per non produrre nulla?) appartamenti e capannoni vuoti che consumano acqua e corrente, ecc. Cordiali saluti E.T.

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  2. E secondo l'articolista, trovare lavoro come dipendente era così facile nel 1992-93? Io HO DOVUTO aprire la partita IVA, altrimenti non lavoravo. L'ho dovuta chiudere perchè il mio reddito non mi consentiva di sostenere quello che lo Stato presumeva che guadagnassi. Mai sentito parlare di popolo delle partite IVA? C'era già in quegli anni....Eravamo forse pochi, meno di adesso, ma le problematiche di adesso sono le stesse...

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  3. Se la facessero oggi, con i minimi tariffari aboliti, la concorrenza senza regole, il numero dei professionisti aumentati, sarebbe la morte sociale. Per avviare uno studio di architettura come il mio ci vogliono 10 anni, ancora, dopo 6 anni, sono sotto lo stipendio di un impiegato pubblico in un periodo di blocco del turn over(quindi difficile essere assu ti). Quella LEGGE favoriva solo i grandi professionisti che guadagnando più del minimo e non erano toccati dalla legge. Altro che fesserie sul rischio di impresa che uno si assume perché sa di incassare come un dipendente. Vergogna a chi ha scritto queste fesserie. Eliminiamo il contante nelle transazioni professionali e vedi come ci divertiamo controllando i conti correnti.

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